mercoledì 23 maggio 2007

de profundis clamavi


chiara passeggiava con il cane. il cane era al guinzaglio e andava in qua e in la' mentre chiara camminava dritta. c'era un cane al guinzaglio, e chiara lo portava, portava il cane a fare. a farsi. chiara cammina diritta, pensa a se'. il cane è entusiasta, scorazza qua e là. il cane è un barboncino. chiara pensa a sè. è una mattina rosa pesca. si vede il sole sul fondo della strada che sta sempre per sorgere. chiara incontra delle persone. che delle persone fanno dei complimenti al cane quando tu porti il cane a fare è cosa risaputa. c'era chiara e c'era un cane al guinzaglio. potrebbero essere delle black eclipses, delle black eclipses everywhere se solo non fosse un film così stupido. per chi aspettava in silenzio, ecco è giunto il momento. erano uno erano due, cazzi e programma, programma dei cazzi, programma a cazzo. ma questo, scoiattolo mio è in tono minor. si vede, si sente.mattino di pesca. chiara che porta il cane a fare. il cane è letteramente entusiasta, ma come è contento, ma è mattina e chiara è stanca. mistero di come si possa essere stanchi di mattina. non avere dormito. schifo i cani che ti dormono dentro. dentro al letto. perchè il letto è bianco basso e all'americana e chiara fa una colazione sintetica in una casa di plexiglas. che sono vani vani bellissimi verde trasparente come nelle pubblicità della intel. chiara è molto ricca. e il cane è un labrador, un nobile labrador. il nobile labrador punta. non ti caga, punta. non sorride, è molto più intelligente di te. rispettare gli animali. e non gliene frega un cazzo, non gliene frega un cazzo al cane. se ne sbatte il cazzo. e punta. ansimando in maniera molto saggia. chiara passeggiava, chiara passeggia sempre con il cane. questo è il simbolo. il mito. il mito non cambia, cambi tu. chiara sempre sempre sempre passeggia con il cane. con il cane. bambini con le le le mamme. sono contento, sono felice, perchè ho trovato la storia non-narrabile. la mia inenarrabile vicenda. molto semplice, già riscritta cento e una notte di volte questa storia. se trovi la tua storia non-narrabile sei arrivato. livello zero. chiara passeggia con il cane. è mattina e persone la fermano. non si può semplicemente raccontare. nessun metodo valido. nucleo, livello zero. carne vuota. barile. fondo .raschiare. bello. occhiali da sole scuri. ma quelli che vanno di moda adesso ve li schiaccio tutti che fanno cagare. con quelle frangette del cazzo dovete solo andare a prenderlo nel culo. e tu pensavi che io concludessi così mio percival, chiaro, pensavi, no, che la frase ad effetto, conclude il post malato. il cuore di piombo. la frase ad effetto conclude il post malato. la frase ad effetto. e non bisogna, non bisogna. cedere a queste cose. cedere alle parole è il primo peccato del typewriter, del typesetter, dello scrivano, il primo peccato. la mela. leunam. il primo peccato. e noi andiamo quindi a sostituire, a levare il grasso, noi andiamo ad intervenire su quelle fasce di cellulite che solo cristo può. nella sua infinita. il primo peccato. e noi andremo, nel corso di questa televendita ad intervenire proprio su queste fasce. uccidendo le parole. come se non bastasse la fame nel mondo. la fame, all'americana. tu pensavi che la frase ad effetto, eh, io che mando in culo. no no. ricapitolando. io dico che. io dico che io

martedì 15 maggio 2007

P3 - Ville romane

Se ne stavano tutti seduti in silenzio sulle panche di legno lungo le pareti affescate. Signori di mezza età senza le loro mogli, nella notte di una villa romana. Se ne stavano lì nudi e piuttosto impazienti, piatti come bambole. Senza i loro membri.

La porta si aprì e lei entrò. Si portò nel centro della stanza e li squadrò per un po'. Poi alzò la mano destra e schioccò le dita. Subito entrarono due inservienti dal volto coperto, portando una enorme coppa d'oro. "Potete riprenderveli", disse. E uscì.

Con molto imbarazzo i primi cominciarono ad avvicinarsi alla coppa. Ognuno cercava il suo.

"Falli delle dimensioni più variegate, peni piccoli e bitorzoluti, sacchetti di carne triste appena pronunciati, bianchicci, con annessi i bravi fagiolini avvizziti. Semplici espressioni dermiche, in ritirata per il freddo o per la timidezza. L'ottusità in una fisarmonichina di pelle, retrattili occhi ciechi di lumaca. Ridicole mazze in trionfale erezione congelata nell'attimo, corredati da due sfere perfette. Avulsi dal loro corpo ospite parevano tamburelli da fiera. Manfali nevrotici, irrorati e innervati come cervelli; manici tozzi, mancanti. Flauti sottili, agili. Cazzi abbronzati dal tempo, deviati, ingobbiti. Alcuni finiti appoggiati sulle palle, precariamente in piedi come souvenir della torre. Altri conficcati verso il fondo, incastrati come Mazinga nel cesto dei giochi."

Anche se ognuno cercava per se', frugare lì in mezzo faceva abbastanza schifo. Qualche fortunato adocchiò il suo al volo e se lo prese, ma molti rimanevano davanti alla coppa senza avere il coraggio di infilare una mano dentro e andare a tatto. Una fila silenziosa ed imbarazzata si districava lì intorno. Cercavano di non guardarsi, di non guardare. Ma raffronti e palpeggi erano inevitabili, come dal verduraio. E qualcuno toccava e rimetteva a posto più di una volta. Legittimo il sospetto che qualcuno potesse guadagnarci da tutto questo, e ritrovarsi alla fine con un membro migliore del proprio.

Fatto sta che alla fine rimasero nella coppa solo i falli più piccoli, e gli ultimi tre o quattro avventori erano veramente restii a farsi avanti. Sentirsi come gli sfigati che si aggiudicano i premi di consolazione alla fiera di beneficenza. Se tutti avessero potuto scegliere, visto l'ordine che avevano seguito, i risultati sarebbero stati probabimente gli stessi. Tanto possono fare il pudore e l'affetto per il proprio pisello.

Conluse le transazioni non ci furono infatti recriminazioni, proteste. Qualche equivoco venne risolto con tacita cordialità. Se qualcuno ne avesse approfittato sarebbe rimasto un mistero, tutti avevano ormai solo voglia di rivestirsi ed uscire da quella villa il prima possibile.

Si ritrovarono nel piazzale, davanti alle loro macchine. Qualcuno fece scattare il telecomando, luci di Mercedes e Bmw li salutarono lampeggiando. Nanetti si riarrampicarono sui loro suv, cristi alti e gellati si inscatolarono dentro le loro Tigra due posti, piatte e lucide come supposte. Altri si avvicinarono alla porta della loro utilitaria, e aspettarono che uscissero le macchine più grosse. L'uno dopo l'altro tutti uscirono dalla cancellata automatica, una sgommata sulla ghiaia e poi via nella notte.

lunedì 14 maggio 2007

Mi sono ritrovato in casa questo libro che nemmeno so com'è andata. Credetemi, non riesco mai a ricordarmi a che pagina sono arrivato, ogni volta mi tocca rileggerne un pezzettino. Almeno, parti che credo di avere già letto in precedenza. E' snervante non conoscerne il titolo, ne' chi lo abbia scritto. Non si trova da nessuna parte. Su Google ho riportato frasi intere virgolettate, niente da fare. Il bello è che non ho ancora capito di che cosa parli precisamente, se si tratti di un romanzo, di una raccolta di racconti, di un'enciclopedia o che so io. Sembra una stupidaggine, ma se lo sfogliaste vi rendereste conto che è proprio così. Certe parti sono elenchi di parole senza senso. Voci di dizionario. Poi ci sono monologhi, parti in terza persona, descrizioni. Proprio stasera ho trovato anche dei versi. Comincio a pensare che si tratti di una specie di aborto editoriale, frammenti di testi mai pubblicati che sono finiti per errore nello stesso volume. Per errore o per scherzo, forse. Eppure più vado avanti, più mi sembra di scorgere un senso dietro tutte queste pagine. Ma non ho nessuna voglia di finirlo. Non credo sia un libro che voglia essere finito. Anzi, non ce la farei proprio a finirlo. Mi piace starci dentro.